La questione che riguarda la liceità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati dalle F.S.N. (Federazioni Sportive Nazionali) o dalle A.S.D. (Associazioni Sportive Dilettantistiche) ed S.S.D. (Società Sportive Dilettantistiche) è, come ben sappiamo, uno degli aspetti concreti più interessanti e critici dell’intero panorama giuridico-sportivo: essa, peraltro, è diventata ancor più dibattuta in seguito all’entrata in vigore della “Legge di Bilancio per il 2018”.
Tralasciamo ogni considerazione di carattere generale (che è ben trattata ormai da molteplici ed autorevoli fonti dottrinali e giurisprudenziali) sul tema dei contratti di collaborazione e della loro (residua) validità nell’intero panorama giuslavoristico e concentriamoci invece sullo specifico “campo” dinanzi introdotto.
Il problema che molti sodalizi sportivi (fino ad arrivare al vertice e, cioè, fino alle Federazioni stesse…) si sono posti è il seguente: è quindi ancora possibile stipulare validamente contratti di collaborazione che seguano lo strettissimo alveo tracciato dal cosiddetto “Jobs Act” ovvero quel provvedimento che ha ridisegnato in modo netto, tra le altre questioni, la disciplina della “parasubordinazione”? In estrema sintesi il sottoscritto ritiene che, allo stato attuale ed anche dopo la cosiddetta “Legge di Bilancio 2018” (L.n. 205 del 27.12.2017), si possa legittimamente instaurare un rapporto di lavoro attraverso un contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa (co.co.co.) in ambito sportivo qualora si rispetti la norma di cui all’art. 2, comma 2, lettera d), del D.Lgs. 81/2015 (c.d. “Jobs Act”) che, com’è ben noto, introduce una specifica eccezione proprio per l’ambito di cui si va discorrendo.
Il comma 358 della “Legge di Bilancio 2018” prevede che “[l]e prestazioni di cui all’articolo 2, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 2015, n. 81, individuate dal CONI ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242 [è la norma relativa ai compiti di indirizzo interpretativo ed applicativo del Consiglio Nazionale – n.d.r.], costituiscono oggetto di contratti di collaborazione coordinata e continuativa.”
Il problema è che, sulla questione, il CONI non si è ancora espresso. Come agire, quindi, nel caso in cui si debba valutare l’opportunità o meno di stipulare un co.co.co. “sportivo”? Vale la pena ricordare come prima dell’entrata in vigore della Legge di Bilancio in discussione, alcune Federazioni Sportive Nazionali (ma avrebbero potuto fare la medesima cosa anche i c.d. “Enti di Promozione Sociale”) avessero opportunamente licenziato apposite delibere volte ad identificare le specifiche attività inquadrabili attraverso un contratto di co.co.co. e ciò in seguito anche a quanto previsto dalla Circolare 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Mi riferisco particolarmente a quelle delibere dello scorso 2017 licenziate dalla F.I.S. – Federazione Italiana Scherma, dalla F.C.I. – Federazione Ciclistica Italiana, dalla F.I.R. – Federazione Italiana Rugby e della F.G.I. – Federazione Ginnastica d’Italia. I soggetti (cioè A.S.D. ed S.S.D.) ad esse federati hanno quindi potuto contare almeno su una sorta di “traccia” di riferimento per potere concretamente valutare quali tipi di mansioni specifiche potessero essere “coperte” da contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Alcune F.S.N. potrebbero pensare ancor oggi di cercare di tutelare sé ed i propri soggetti federati licenziando simili provvedimenti. Chi scrive crede che ciò, allo stato attuale delle cose, non comunque sia possibile: non si può far altro che attendere pazientemente le mosse del CONI poiché la Legge di Bilancio 2018, infatti e come sopra accennato, ha attribuito in via esclusiva al Supremo Organo Sportivo l’identificazione delle attività e delle lavorazioni svolgibili attraverso un co.co.co.. Ecco che una delibera delibera federale come quella delle quattro F.S.N. sopra citate, oggi, non sarebbe legittima dal punto di vista amministrativo in quanto non rispetterebbe la “riserva di legge” attribuita al CONI.
ma queste considerazioni non risolvono ancora il nostro problema.
Nel frattempo, cosa può fare una semplice, piccola A.S.D. di provincia che, non potendo logicamente pensare di assumere un lavoratore dipendente, ha comunque bisogno di un collaboratore per disbrigare, ad esempio, parte di quegli adempimenti amministrativi e burocratici che diventano ormai sempre più onerosi? In via generale si può dire che le attività (nel senso delle specifiche mansioni lavorative) efficacemente e legittimamente inquadrabili attraverso contratti di co.co.co. sono quelle che riguardano “mansioni sportive, formative ed organizzative strumentali allo svolgimento dell’attività della specifica disciplina sportiva”.
Cosa può rientrare in tale locuzione? Come intendere questo concetto di “strumentalità”? A mio parere si possono legittimamente fare rientrare non solo le attività più squisitamente, intuitivamente e direttamente “sportive”, ma anche talune attività di carattere meramente amministrativo qualora queste siano direttamente funzionali (rectius: strumentali) allo svolgimento dell’attività sportiva. Ad esempio: non sarebbe legittimo il ricorso al co.co.co. per l’addetto al punto di ristoro presso il campo da gioco ma, al contrario, sarebbe legittimo un contratto di collaborazione per “regolare” la posizione di chi svolge, ad esempio, le attività di “segretaria” relativa alle iscrizioni, alla gestione dei certificati medico-sportivi, ecc.
Ed è in questo senso – operando cioè una scelta favorevole alla possibilità di costituire un maggiore numero di rapporti regolati da co.co.co. in ambito sportivo – che sarebbe opportuno si muovesse il C.O.N.I., magari dopo una doverosa concertazione con i funzionari del Ministero del Lavoro.
Non si dimentichino poi le ragioni dei prestatori di manodopera (tralasciando ogni considerazione in merito alle numerose “false” A.S.D. che, spesso, operano nel campo del “fitness” magari dietro la “copertura” di “Enti di Promozione Sociale” poco propensi a vigilare): infatti è ovvio è che poi che i singoli contratti di collaborazione debbono essere redatti con attenzione ed applicati correttamente, altrimenti il rischio di “ricadere” nell’alveo del “normale” contratto di lavoro subordinato – nel caso in cui vengano soddisfatti i “classici” indici di subordinazione – permane eccome. In ogni caso, e questo aspetto è di una importanza fondamentale, per i contratti di co.co.co. stipulati da FSN o SSD/ASD per lo svolgimento di attività direttamente propedeutiche allo svolgimento dello sport in generale non c’è alcuna presunzione di subordinazione. La “certezza” assoluta di avere “ben stipulato” un tale tipo di contratto, la si avrà in ogni caso solo dopo la pubblicazione della apposita delibera del CONI di cui si andava sopra discorrendo. Una delibera che – si spera – si muova nel rispetto delle esigenze della promozione dello sport, in specie quello giovanile ed amatoriale/dilettantistico e dei numerosi lavoratori coinvolti.
A margine – i nuovi limiti di detraibilità fiscale e il “fondo lavoratori dello spettacolo”.
La più importante novità in campo fiscale introdotta, sempre nell’ambito del rapporto di lavoro “sportivo”, è quella che riguarda le agevolazioni contributive e fiscali destinate alle ASD o SSD “classiche” (cioè le “non lucrative”) e, quindi, per relationem, anche alle FSN: parlo del trattamento tributario di cui all’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR e all’art. 25, comma 1, della l.n. 133/1999 che ha visto un innalzamento della soglia di non imponibilità delle imposte (IRPEF, in questo caso) ad € 10.000 per effetto del comma 367 della Legge di Bilancio) e, pure, l’esenzione dal pagamento dei contributi previdenziali qualunque sia l’ammontare riconosciuto.
Per semplificare il quadro fiscale di riferimento e per consentire di avere un “prontuario” di facile utilizzo, ecco come stanno le cose post “Legge di Bilancio 2018”: fino ad € 10.000 di “redditi diversi annui” = non imponibilità; da 10.001 a 30.658,28 = Irpef 23% (e addizionali locali) a titolo di imposta; importi reddituali superiori a 30.658,28 = Irpef 23% (e addizionali) a titolo di acconto; versamenti INPS = ZERO.
Sul versante INPS, poi, c’è da segnalare il comma 360 che impone, a partire dall’entrate in vigore della legge stessa, l’iscrizione al fondo pensioni lavoratori dello spettacolo istituito presso l’INPS (con riduzione al 50% per i primi 5 anni) dei collaboratori delle ASD o SSD “lucrative”.
Sono esclusi da tale adempimento, quindi, i collaboratori delle ASD o SSD “classiche” (cioè non lucrative) e, per relationem, i collaboratori delle FSN. In nessun caso, comunque, sono previste procedure di “deposito” presso l’istituto dei contratti di co.co.co. costituiti in seno alle ASD o SSD non lucrative (o FSN) non essendoci, per esse, alcun obbligo di iscrizione.
IN ESTREMA SINTESI:
– si è in attesa di sapere dal CONI quali potranno essere le “mansioni” per le quali potrà essere validamente ed efficacemente stipulato un “co.co.co. sportivo”; nel frattempo si prediliga un atteggiamento prudente per tutti i nuovi “co.co.co.” che andranno ad essere stipulati.
– nulla è cambiato per gli adempimenti INPS in seguito all’entrata in vigore della Legge di Bilancio.